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La “Pecorella” sull’inappellabilità: un'altra legge contro gli interessi della collettività
di Armando SPATARO

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Abbiamo alle spalle cinque anni di leggi che hanno devastato il nostro sistema giudiziario. E’ persino superfluo elencarle: rogatorie, legittimo sospetto, immunità/impunità, falso in bilancio sono termini ormai entrati nelle lessico anche dei non addetti ai lavori come sinonimi di leggi irrazionali, che non rispondono agli interessi di tutti i cittadini, ma solo a quelli di pochi. Il ministro Castelli si lamenta se le si chiamano “leggi vergogna”, ma dimentica che si tratta di definizione ormai appartenente al glossario dei giuristi ed egli stesso, nella relazione diffusa per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, elencando le riforme di cui questa legislatura dovrebbe menar vanto, si è ben guardato dal citarle, pur se spesso sono leggi che hanno avuto padri illustri come Cirami, Schifani, Cirielli, Palma, Bobbio, Pecorella. La legge Pecorella, appunto: ha fatto la sua violenta apparizione in questo scorcio di fine legislatura, prevedendo che il PM non possa più appellare le sentenze di proscioglimento, nonchè la dilatazione delle possibilità di ricorso alla Corte di Cassazione: con la conseguenza, denunciata fermamente dal stesso Presidente della Corte Marvulli, di una parziale trasformazione della Corte Suprema in giudice di merito e, comunque, del rallentamento del suo lavoro, con buona pace del principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Ha giustamente scritto Cordero che l’incostituzionalità di questa legge, contrariamente al contenuto di rilievi tecnici mossi in passato ad altre leggi devastanti, è facilmente comprensibile da tutti: chiunque, cioè, comprende che se l’art. 111 della Costituzione prevede la parità tra le parti nel processo, non è in alcun modo giustificabile, secondo logica e diritto, che l’imputato possa proporre appello contro le condanne mentre il pubblico ministero soccombente non possa farlo contro quelle di assoluzione. Con l’ulteriore conseguenza della mancata tutela delle vittime del reato che, quando si costituiscono parte civile nel processo penale, solo attraverso l’appello del PM possono esporre al giudice di secondo grado le loro ragioni contro quelle di un’assoluzione deliberata in primo grado. Non c’è marchingegno dialettico o martellante campagna mediatica che possa seriamente convincere alcuno del contrario: ecco perché questa è una delle peggiori leggi del quinquennio. I “fini” giuristi che la sostengono accampano un tesi suggestiva: poiché la condanna di un imputato deve intervenire in assenza di ogni ragionevole dubbio, la sola circostanza che sia intervenuta una assoluzione in primo grado determinerebbe un dubbio insuperabile sulla colpevolezza dell’imputato, con ciò ignorando l’elementare considerazione che il dubbio riguarda la valutazione soggettiva di chi giudica, senza possibilità che esso acquisti la valenza oggettiva di elemento che possa inficiare il valore di una sentenza di segno opposto. Per queste ragioni e per l’effetto inflativo che essa determina, il Presidente Ciampi ha rinviato questa legge incostituzionale alle Camere, ma già si odono squilli di guerra: gli avvocati penalisti gridano allo scandalo ed il loro Presidente, con squisita finezza, lamenta che tra i consiglieri di Ciampi non vi sia alcun avvocato; Pecorella afferma che Ciampi è andato oltre i limiti a lui imposti dalla Costituzione ed il Presidente del Consiglio annuncia che la legge sarà comunque approvata con modesti ritocchi e rimandata al Capo dello Stato che sarà tenuto a firmarla. Nello stesso senso vassalli e valvassori: “questa legge afferma principi sacrosanti”. Ma accademici e giuristi di ogni estrazione osservano che qualche ritocco non basterà. Assisteremo, allora, all’ennesimo atto di forza di una maggioranza in scadenza che intende regolare tutti i conti rimasti in sospeso? Non è possibile ancora dirlo con certezza, ma anche questa vicenda, al di là del suo esito, deve indurre l’attuale opposizione a prevedere, per il futuro programma in tema di giustizia, il chiaro impegno a fare piazza pulita di queste leggi del Polo.
27.1.06
Armando SPATARO
Magistrato-Componente del Direttivo dell’Associazione Magistrati

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