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Proc. n. 59/2002 R.G. - Sentenza del 9.5.2003/17.6.2003 n. 42/2003 Reg. dep. - Presidente Buccico - Estensore Fici.

Doveri del magistrato: correttezza. Condotta privata del magistrato. Redazione di lettera privata su carta intestata dell'ufficio di appartenenza. Illecito disciplinare. Sussiste.

Va sanzionato in sede disciplinare con l'ammonimento il magistrato che, inviando ad un proprio condomino - per contestare la pretesa illegittimità di una iniziativa intrapresa - una lettera, utilizza foglio intestato dell'ufficio e sottoscrive nella qualità , così abusando della qualifica di magistrato per fini privati e compromettendo il prestigio dell'Ordine Giudiziario.




i n c o l p a z i o n e


violazione dell'art. 18 R.D.L. 31.5.1946, n. 511, per avere abusato della propria carica in una vertenza di natura personale, inviando ad un condomino - per contestargli la pretesa illegittimità di una iniziativa intrapresa - una lettera, utilizzando foglio intestato dell'Ufficio e sottoscrivendo nella qualità (come da firma in calce alla predetta nota).
Con tale condotta - che provocava rimostranze da parte del legale del detto condomino - la dott.ssa ****** si è resa immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere un magistrato ed ha compromesso il prestigio dell'Ordine Giudiziario.


Svolgimento del procedimento


1. L'odierna iniziativa disciplinare trae origine da un esposto, in data 2 gennaio 2002, dell'avvocato ++++++++ del Foro di ……., indirizzato al Consiglio Superiore della Magistratura, con il quale si trasmettevano, per le valutazioni di competenza, copia di una nota inoltrata dalla dottoressa ******, magistrato in servizio presso la Procura della Repubblica di ++++++, ad un assistito del predetto legale, nonché copia del successivo carteggio fra la medesima d.ssa ****** ed esso esponente.
Da tale documentazione emergeva che il 12 novembre precedente la dottoressa ****** aveva indirizzato una nota di diffida a tale dottor '''''''', per lavori che questi aveva in corso di esecuzione sul tetto di un edificio sito in ………. Per la missiva in questione la dottoressa ****** - che agiva a tutela dei diritti dalla stessa vantati, unitamente alla propria madre, nella qualità di condomina dello stabile in questione ed, in particolare, di comproprietaria dei locali del sottotetto - aveva utilizzato una carta intestata della Procura di ++++++ ed aveva sovrapposto la propria firma alla stampigliatura "Il Procuratore della Repubblica - dott. ****** - Sost.".
Ne erano seguite una nota di protesta del predetto legale, cui si era rivolto il dottor ''''''' ed una replica della dottoressa ******.
Il vice-presidente del C.S.M., destinatario dell'esposto, inoltrava il carteggio in questione ai titolari dell'azione disciplinare.
Con nota dell'8 febbraio 2002 il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione comunicava al Ministro della Giustizia di promuovere azione disciplinare nei confronti della dottoressa ****** per i fatti specificati nel capo di incolpazione riportato in epigrafe; e con successiva nota del 19 febbraio 2002, il menzionato Procuratore Generale comunicava al C.S.M. che procedeva con istruzione sommaria nel procedimento in questione.
Interrogata, in data 19 aprile 2002, dal sostituto procuratore generale incaricato dell'istruttoria, l'incolpata, a conferma delle giustificazioni fornite dal suo difensore in una memoria depositata il 10 aprile precedente, deduceva, a sua discolpa, che l'uso da parte sua e per esigenze private, di una carta intestata alla Procura della Repubblica di ++++++ e la stampigliatura della propria qualifica erano dipese dall'utilizzo del computer portatile d'ufficio e, soprattutto, dal ricorso ad un precedente "file" normalmente utilizzato come modello di missiva. Aggiungeva che aveva agito sollecitata dalla madre e che non era affatto sua intenzione abusare della qualità rivestita, per come poteva emergere dal contenuto complessivo della missiva.
Il 5 maggio 2002, il titolare dell'azione formulava al Presidente di questa Sezione Disciplinare richiesta di fissazione del giorno per la discussione orale del procedimento disciplinare a carico dell'incolpata.
Il Presidente della Sezione disciplinare del C.S.M. emetteva, il 13 maggio 2002, decreto con cui fissava la discussione orale per l'udienza del 6 dicembre 2002, poi rinviata all'udienza del 13 dicembre e, quindi, all'udienza odierna.
Il 9 maggio 2003 il magistrato difensore dell'incolpata produceva una articolata memoria ed, in allegato, alcuni documenti ritenuti utili.
All'esito dell'odierna istruttoria dibattimentale il Procuratore Generale concludeva per l'affermazione della responsabilità disciplinare dell'incolpata e l'irrogazione della sanzione dell'ammonimento; il difensore concludeva, invece, per l'assoluzione.


Motivi della decisione

2. Ritiene questa Sezione Disciplinare che la richiesta del rappresentante della Procura Generale deve essere accolta, atteso che, alla stregua degli elementi acquisiti, i fatti descritti nel capo di incolpazione sono risultati provati e che gli stessi rilevano da un punto di vista disciplinare.
L'incolpata, sia in fase istruttoria che nell'interrogatorio reso in dibattimento, ha, invero, ammesso di avere scritto ed inviato la missiva oggetto di contestazione, pur sostenendo, a sua giustificazione, che l'intestazione all'ufficio di appartenenza (Procura della Repubblica di ++++++) e le indicazioni sulla qualifica dalla stessa rivestita ("Il Procuratore della Repubblica - dott. ****** - Sost.") erano dipese dall'uso di un computer portatile "molto vecchio", "che funzionava malissimo"; e che, in particolare, si era avvalsa, come faceva quotidianamente per esigenze di servizio, "di un programma che prevedeva una serie di provvedimenti, fra cui la carta intestata". Ha, così, chiarito che non aveva fatto uso di carta intestata all'ufficio, in quanto l'intestazione dell'ufficio di appartenenza e la sua qualifica risiedevano nella memoria e, segnatamente, nel modulo predeterminato del programma informatico, che non era stato in grado di eliminare non essendo particolarmente preparata nell'uso del computer.
Una tale giustificazione desta notevoli perplessità , essendo inesistenti i programmi di videoscrittura che costringano l'utente all'uso di un modulo predeterminato, per quanto ovviamente l'opzione, estremamente agevole, di eliminare una impostazione iniziale non desiderata potrebbe non essere alla portata delle cognizioni operative del singolo utente. Peraltro, la scelta di far uso di un modulo predeterminato è, normalmente, una scelta consapevole e preliminare dell'utente, che per sua comodità decide di richiamare dalla memoria del programma uno dei moduli a disposizione, per poi procedere alla digitazione del testo specifico. Esattamente come avveniva, ovvero come ancora avviene, quando si utilizzavano o ancora si utilizzano penna e moduli prestampati.
Tuttavia, avendo l'incolpata addotto una sua scarsa capacità nell'uso del computer e non essendo stato provato il contrario, non è possibile prescindere da tale deduzione difensiva; da ciò consegue che la giustificazione fornita deve essere assunta come dato di partenza e, cioè, deve ritenersi che la dottoressa ****** predispose quella missiva privata, con l'intestazione dell'ufficio, perché incapace di scrivere un documento privo di quelle improprie indicazioni.
Parimenti, le imprecisioni e le incongruenze fra le diverse versioni fornite dall'incolpata in sede istruttoria ed in sede dibattimentale possono essere dipese dalla dedotta incapacità informatica, piuttosto che essere prova eloquente di un'artificiosa ricostruzione degli eventi. Ed analoghe considerazioni possono essere sviluppate riguardo alla ricostruzione dei fatti effettuata del difensore, non del tutto coerenti con quanto riferito dall'incolpata.
Se, dunque, deve ritenersi - pur con le descritte perplessità - che l'incolpata predispose la missiva oggetto di contestazione perché incapace di modificare il modulo predefinito, ciò non significa che il comportamento dalla stessa tenuto possa essere giustificato.
Invero, una volta accortasi che la missiva indirizzata al vicino di casa conteneva, in palese ed evidente contrasto con il suo contenuto privato, l'intestazione dell'ufficio e la sua qualifica di sostituto procuratore della Repubblica, elementari ragioni di prudenza e di consapevolezza del proprio ruolo avrebbero dovuto indurre la dottoressa ****** ad ometterne l'inoltro al condomino nei confronti del quale aveva delle doglianze da manifestare. Sarebbe bastato scrivere ovvero ricopiare a mano il contenuto della diffida-intimazione, sempre a voler dare credito alla prospettata sua incapacità tecnica di scrivere con l'uso del computer una missiva priva delle indicazioni dell'ufficio e della qualifica.
D'altra parte una tale circostanza (e, cioè, che l'incolpata non era in grado di scrivere una missiva che fosse privata, oltre che nel contenuto, anche nelle sue caratteristiche grafiche) è rimasta smentita dal fatto che la stessa dottoressa ******, nel replicare al legale cui si era rivolto il suo vicino, predispose a distanza di qualche settimana un'ulteriore missiva, in questo caso adeguatamente immune dalle indicazioni dell'ufficio e della qualifica. Si tratta della missiva dell'11 dicembre 2001, allegata all'originario esposto dell'avvocato ------- del 2 gennaio 2002, che l'incolpata ha, nel contesto del suo interrogatorio dibattimentale, ammesso di avere editato personalmente sia pure "avvalendo(si) di un altro computer di un'altra stanza". Ciò sta a dimostrare, quanto meno, che, se solo avesse avvertito l'inopportunità del suo operare, la dottoressa ****** aveva la possibilità , a voler dare credito alla sua incapacità di digitare con il suo portatile una missiva senza intestazione e qualifica, di utilizzare un altro computer.
Del tutto inconducenti sono, poi, le giustificazioni relative al contenuto moderato e conciliante dell'intimazione rivolta al vicino di casa. Se è vero, infatti, che si tratta di una diffida che, per quanto decisa per sua naturale caratteristica, è immune da ogni eccesso, è anche vero che quel contenuto viene a risultare radicalmente inquinato dalla intestazione ad un ufficio requirente e dalla sottoscrizione nella qualità di Procuratore della Repubblica. E non è sostenibile ritenere che la dottoressa ****** non abbia avvertito la rilevanza che il destinatario della missiva avrebbe potuto attribuire a quella intestazione ed a quella qualifica, soprattutto se accostate all'avvertenza finale che nel caso in cui i richiami fossero stati ostinatamente ignorati, l'intimante avrebbe provveduto a denunciare ogni cosa alla Procura competente.
Del pari inconducente è il rilievo che il destinatario della intimazione risiedesse a ……. e che tale città dista seicento chilometri da ++++++, posto che comunque la qualifica venne indebitamente spesa.
3. La condotta contestata ha senza dubbio rilievo disciplinare, coerentemente a quanto costantemente affermato da questa Sezione Disciplinare e così anche dalle Sezioni Unite Civili della Cassazione ogniqualvolta la funzione ed il ruolo vengono dal magistrato strumentalizzati per il perseguimento di un fine, anche lecito, di carattere privato.
Si è trattato, nel caso di specie, di un uso indebito della qualifica di magistrato finalizzato a rafforzare la persuasività di un'intimazione connessa ad una controversia di natura condominiale.
Un uso indebito che ha indotto il destinatario (il dottor -------) a rivolgersi ad un legale (l'avvocato ''''''''') e questi a stigmatizzare, in primo luogo, l'abuso della qualifica con una missiva indirizzata all'incolpata presso l'ufficio di appartenenza, con un conseguente discredito della stessa anche all'interno dell'Ufficio. Missiva alla quale l'incolpata ha, poi, replicato con toni ed argomenti idonei ad alimentare ulteriori polemiche ed, in quanto tali, dimostrativi della scarsa consapevolezza del proprio ruolo già manifestatisi nella formulazione della nota oggetto di contestazione.
Va, dunque, affermata la responsabilità disciplinare della dottoressa ****** in merito ai fatti descritti nel capo di incolpazione e ritenuta adeguata al caso concreto la sanzione dell'ammonimento.




P.Q.M.

La Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura;
Visto l'art. 35 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511,

dichiara

la dott.ssa ****** responsabile della incolpazione ascrittale e le infligge la sanzione disciplinare dell'ammonimento.
Roma, 9 maggio 2003


L'ESTENSORE
(Giuseppe Fici)



IL PRESIDENTE
(Emilio Nicola Buccico)


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